Avete presente quelle volte in siete giù per qualcosa che non è andata proprio come volevate e quando provate a parlarne in giro ecco arrivare le voci di chi sprona a ”non pensarci”, ”guardare avanti”, ”essere positivi” ecc… (Magari siamo noi quelle voci, per qualcun altro…).
Che fastidio vero? E che senso di solitudine…
Ma perché questi inviti a stare meglio, poi ci fanno sentire peggio?
Siamo davvero dei musoni vittimisti che si piangono addosso?
In verità le cose sono un po’ più complesse di così, e la questione principale riguarda il modo in cui funzionano il dolore e la tristezza.

Il punto è che siamo abituati a pensare di dover contrastare le nostre emozioni negative, perché a volte, le cose funzionano così!

Ad esempio, se hai paura di guidare e vuoi vivere una vita libera da questo tipo di limite, quello che dovrai fare, in un modo o nell’altro, sarà affrontare questa paura e pian pano metterti a guidare (qui gli approcci terapeutici hanno metodi diversi per aiutarti a farlo, ma lo scopo, alla fine sarà guidare, per forza).

Indugiare nella paura non farà altro che amplificarla e abbassare sempre più la tua capacità di entrare in macchina, girare la chiave, mettere in moto e partire, verso l’infinito e oltre!

Ma dolore e tristezza non funzionano così.

Se sei depresso per qualche motivo e le persone che ti vogliono bene vengono da te per spronarti a uscire, fare cose, vedere gente, l’unica cosa che accadrà è che ti sentirai più incompreso e solo di prima e se proprio riuscirai a fare tutte le cose che gli altri vorrebbero tu facessi, le farai con una difficoltà immane ed una pesantezza tale che, alla fine della festa, ti sentirai ancora più stanco, spossato e depresso di prima.

La tristezza vuole farci fermare.
Indica una ferita che va disinfettata.
O una frattura che va curata…
Non si può usare un cerotto per sistemare un braccio rotto, non ti pare?
Ma questo cosa significa? Che se sei triste devi chiuderti in casa, sul divano, davanti la TV a fare dei party di autocommiserazione?

Beh, forse si, forse a volte dovresti proprio farlo. Solo che non dovresti fermarti lì, perché accettare la tristezza è solo il primo passo per uscire dall’altro lato del tunnel.

Il dolore non va cancellato, né dimenticato, né sconfitto. Il dolore va ATTRAVERSATO.

Cosa fare quindi se si è tristi da troppo tempo e non si sa più come rialzarsi?

PRIMO: smetti di straparlarne in giro, e inizia a scrivere. Scrivere ti aiuta a liberarti di pesi altrimenti insostenibili e a guardare le cose da un’altra prospettiva (e non avercela con chi cerca di tirarti su, non sono tutti dei terapeuti. Ti vogliono solo molto bene. Solo che non sanno cosa fare, come te…).

SECONDO: A volte, è sufficiente rallentare, guardare in faccia questa tristezza, per farla trasformare, come accade in questa scena di INSIDE OUT…

TERZO: Quando il dolore assume forme più complesse, quando magari ha origine da qualcosa di più grave che un mero passaggio di umore basso, quando nasce da una perdita grossa della tua vita, da un lutto, da una separazione, o da un trauma, allora ci potrebbe volere l’aiuto di un professionista che ti aiuti a trovare la strada nel labirinto di sofferenza nel quale non fai che girare e rigirare senza via di scampo.

Ricorda, ci sono fosse dalle quali possiamo uscire da soli, con un po’ di impegno, ma alcune sono dei veri e propri pozzi e in quei casi, abbiamo bisogno di una mano che ci risollevi o che ci tiri una corda alla quale aggrapparci.