CategoryDepressione e umore basso

In che modo la tua “ombra” può rovinare la tua vita e in che modo, invece, potrebbe salvartela

Avete presente quando un amico vi chiede se volete uscire e a voi non va affatto di vederlo, solo che non avete il coraggio di dire la verità, quindi inventate una scusa qualsiasi per togliervi dall’imbarazzo, oppure quando vi viene chiesto di fare una presentazione in ufficio e vi sale quell’ansia pazzesca che non vi lascia respiro e che non vi fa dormire fino a che quella dannata presentazione non sarà finita?

Ecco, queste due cose, insieme a molte altre, sono la manifestazione della vostra ombra.

Ma che cos’è l’ombra? E come si fa a gestirla?

Per parlare in termini semplici, l’ombra è l’insieme di quelle parti di noi che riteniamo intimamente riprovevoli o fonte di vergogna che cerchiamo in tutti i modi di tenere nascoste agli altri, al mondo e a noi stessi.

L’ombra è quella parte di noi che quel giorno preferisce stare sul divano piuttosto che ascoltare le ultime lamentele dell’amico X, o quella che crediamo faccia solo figuracce in pubblico e che non vogliamo proprio mostrare all’uditorio verso il quale ci è stato chiesto di fare la presentazione.

L’ombra è il concentrato di pensieri amorali e moralmente condannabili che facciamo quando siamo soli, è ciò che ci spinge a mettere in atto comportamenti di cui poi ci vergogniamo e che cerchiamo sempre di tenere ben nascosti.

L’ombra è quella che ci spinge a fare fantasie erotiche su altre persone mentre siamo con il nostro partner, quella che ci fa giudicare male la forma delle sue gambe, o delle sue labbra, o delle sue mani.

E’ quella che vorrebbe gridare cose orribili al capo che ci da una nuova difficile mansione, o che ci fa venire voglia di scappare quando torniamo a casa stanchi dal lavoro e i nostri figli, bisognosi e piagnucolanti, ci attendono alla porta.

L’ombra, in definitiva, è tutto ciò che odiamo di noi stessi, tutto ciò che non vogliamo guardare e che vorremmo nessuno veda mai.

Siamo abituati a pensare che per essere delle brave persone, degne di amore e di rispetto e fiducia, dobbiamo tenere nascosta la nostra ombra. Abbiamo imparato a mentire, ad essere ipocriti quando serve, a fare buon viso a cattivo gioco pur di non farla venire allo scoperto. 

Ma se da una parte, tenere a bada certe nostre tendenze è necessario per poter convivere con gli altri, portare avanti il nostro matrimonio o non farci licenziare in tronco, dall’altra la continua censura potrebbe far venire fuori l’ombra quando meno ce lo aspettiamo e nelle situazioni meno opportune.

Parlo dell’angoscia che ci prende appena svegli o che non ci fa proprio addormentare, della rabbia che ci sale quando siamo bloccati nel traffico, della disperazione che ci schiaccia di fronte a cose di nessuna importanza (almeno all’apparenza).

Ma allora, se tenere a bada la nostra ombra fa parte della nostra sopravvivenza sociale ed emotiva, cosa bisogna fare per non esserne invasi in questi modi subdoli? Cosa fare per sopravvivere non solo nella società, ma anche dentro noi stessi?

Deepack Chopra, scrittore e medico indiano, scrive: <<Avere un’ombra non significa affatto essere imperfetti, bensì completi>>. Questo significa che il primo passo per non farci dominare dalla nostra ombra è iniziare a pensare che tutto ciò che odiamo di noi, che riteniamo orribile, censurabile, da nascondere e riprovevole, non è altro che una parte della natura umana, che non abbiamo solo noi, ma che hanno tutti!

Ma non solo! Tutte le cose che schifiamo e aborriamo negli altri, sono proprio le stesse che abbiamo dentro, ma che non vogliamo guardare.

In poche parole, senza troppi giri concettuali, facciamo tutti un po’ schifo…

Ma questo schifo, queste parti malsane di noi, questi difetti contro cui lottiamo o che cerchiamo di nascondere, sono una parte fondante della nostra vera identità. La forma oscura e “sbagliata” che hanno preso, l’hanno assunta proprio perché li lasciamo crescere nel buio della nostra coscienza, invece di portarli alla luce e farli illuminare dai nostri lati migliori.

Il problema quindi non è avere un’ombra, quanto averne paura e volerla lasciare nascosta, perché si sa, una volta alla luce non c’è nessuna lotta da dover fare, perché l’ombra, semplicemente, scompare.

In termini pratici cosa sto dicendo?

Che se ci sono parti di te che ti spaventano, comportamenti che non comprendi e di cui sei succube, dipendenze che non riesci a debellare, ossessioni di cui non riesci a liberarti, forse è il caso di smetterla di lasciarle là in sottofondo, tirarle fuori, affrontarle e scoprire cosa vogliono dirti di te, come possono aiutarti a vivere meglio (e non peggio) e in che modo possono essere utilizzate in maniera più funzionale per te stesso, le persone che ami e il mondo in cui esisti.

Spesso si crede che andare in terapia significhi ammettere di avere dei problemi, di non stare veramente bene, di non farcela da soli.

Ed è vero!

Finalmente! (aggiungerei)

Nessuno si salva da solo, ma ciascuno di noi ha in sé il potere di darsi una mano a farlo, a volte, chiedendo un aiuto.

E se leggendo questo articolo stai pensando che forse si, ci sono delle cosine che sarebbe il caso di guardare un po’ meglio e di mettere in ordine, allora fallo, non aspettare troppo, perché quando l’ombra resta nell’ombra, diventa solo più grande e più forte.

 


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Perche’ i traumi fanno male e perche’ a volte ci rimaniamo bloccati dentro

 

<<La vita è come una centrifuga>> diceva Elisabeth Kubler Ross <<sei tu che decidi se uscirne distrutto o ben levigato>>.

La vita è lineare, quello che crediamo, di solito, tende a realizzarsi, le cose vanno secondo i piani e più o meno tutto e sotto il controllo della nostra volontà… fino a che… non arriva lui: il trauma.

La parola “trauma” significa “ferita”, secondo il dizionario Garzanti, il trauma psichico è una “emozione che incide profondamente sulla personalità del soggetto”.

E’ una lacerazione, una divisione violenta della vita, uno squarcio esistenziale che ci annienta, ci mette a terra, ci schiaccia e ci fa in mille pezzi, dopo il quale diventa difficile, difficilissimo sentirsi “quelli che eravamo prima…”.

Dal trauma in poi il tempo della vita non è più lo stesso, viene scandito in un “prima” e in un “dopo”.

Tutto ruota intorno a quell’evento, quell’incidente, quel lutto, quella perdita, quella catastrofe, quel qualcosa che ha cambiato per sempre la nostra vita ormai fatta di ricordi, flashback, paure, dolore, rabbia, e dalla sensazione di non riuscire ad andare oltre. Stiamo fissi lì, in un putrido stagno esistenziale a guardare inorriditi quel “qualcosa” che è accaduto, che non ci aspettavamo, che ha devastato la percezione del mondo esistente fino a quel momento e che sta là, prepotente, senza cambiare di una virgola, nonostante passino i giorni, le settimane, i mesi, gli anni.

In quanto esseri umani, avremmo le capacità per uscire vivi da un trauma.

Possiamo farcela, è nelle nostre facoltà riuscire ad un certo punto a guardare le cose da una prospettiva che permetta di sopravvivere e riorganizzare la nostra vita, continuare a camminare, avere ancora delle speranze e sentirsi cambiati, si, ma anche migliorati, cresciuti, rinnovati.

Ma ci sono volte in cui le cose non vanno così.

Ci sono lutti dai quali non riusciamo a staccarci, eventi che non riusciamo a dimenticare, catastrofi che continuano a tormentarci.

Così la funzionalità della nostra vita viene compromessa.

Anche perché, come spesso avviene, nel tentativo di sistemare le cose facciamo più danni di quelli che già aveva fatto il trauma di per sè e per arginare le conseguenze del trauma ci auto-costruiamo nuovi disturbi da sovrapporre a quello post-traumatico:

  • Tentiamo di evitare situazioni o persone legate al trauma? Ecco che ci stiamo infilando in un bel disturbo fobico;
  • Cerchiamo un senso o delle spiegazioni a ciò che è accaduto e puntualmente ci arrendiamo al fatto che non riusciamo a dimenticare? Ecco l’inizio di una depressione;
  • Mettiamo in atto una serie di pratiche e rituali propiziatori per prevenire l’insorgenza di un altro trauma, o per riparare agli effetti del trauma subito? Il modo migliore per iniziare ad essere degli ossessivi compulsivi. 
  • O anche, tentiamo di lenire il dolore con qualche bicchierino di vino in più o con delle droghe e diamo il via ad una dipendenza ecc ecc…

Il più delle volte in cui non si riesce a superare un’esperienza traumatica è perché le nostre risorse sono bloccate proprio dai tentativi che mettiamo in atto per rispondere alle conseguenze emotive e psicologiche che il trauma ha avuto su di noi.

Lo scopo della terapia, quindi, non è quello di insegnare qualcosa di nuovo per superare il trauma, quanto quello di sbloccare le risorse che la vittima del trauma ha GIA’ dentro di se, ma che per una serie di motivi non riesce ad utilizzare.

Quindi, una prima domanda per cercare di sciogliere il tutto ed iniziare il percorso per sbloccarsi dalla situazione esistenziale stagnante e dolorosa di un post-trauma, è: “cosa stai cercando di fare per far fronte a quello che è successo?”

L’elenco che ne verrà fuori conterrà al suo interno proprio le cose che, invece di risolvere, ci inchiodano al trauma, facendo sì che il passato continui ad invadere il presente, senza permettere una progettazione del futuro.

A partire da quell’elenco, in terapia, si costruirà insieme un percorso ad hoc per superare davvero il trauma e ricostruire la propria vita. Così a partire dalla frattura si avrà l’obiettivo di guarire la ferita, permettere che essa cicatrizzi per andare avanti e costruire un equilibrio migliore, più funzionale, per ritrovare quel “piacere di vivere” che adesso sembra impossibile, ingiusto, o addirittura sbagliato e colpevole.

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Per approfondire la lettura dell’argomento si rimanda al testo: Federica Cagnoni – Roberta Milanese, Cambiare il passato, superare esperienze traumatiche con la terapia strategica, Ponte Alle Grazie, 2009, Milano.

 

“Sono molto deluso”… “Perché molto ti eri illuso!”. 3 consigli per evitare di deludere e di deludersi, ma senza perdere la speranza

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Lascia che ti racconti una mia esperienza personale sul campo dell’illustrazione (altro mio mestiere e passione oltre alla psicologia).

Qualche anno fa venni a sapere che una certa agenzia televisiva stava cercando un illustratore. Bisognava inviare alcuni disegni per mostrare il proprio stile e poter quindi essere valutati in confronto ad altri candidati. Avevo una giornata di tempo.

Piena di emozione e ansia da prestazione realizzai i primi due disegni impiegandoci metà giornata. Dovevo farne almeno 8.

Mi iniziai a disperare.

Ci avevo messo 5 ore per farne solo due, ero stressatissima e mi faceva male la schiena per la tensione. Non sarei mai riuscita a fare gli altri nelle ore rimanenti!

Però, quei due disegni… erano fantastici!

Mentre stavo lì a contemplare le mie opere e la mia disperazione, arrivò mio fratello che guardò i disegni, poi guardò me e mi disse:

Belli, ma questo non è il tuo stile…”

“Come no? Li ho fatti io!”

“Si ma… sono… diversi dai tuoi soliti. Ti ci vuole troppa concentrazione per farli così”.

“Si ma sono bellissimi! Mi prenderanno di sicuro!”

“Probabilmente hai ragione. Ma poi che farai? Tutte le volte che dovrai fare qualcosa per loro ti stresserai come oggi? Starai per tutta la durata della commissione con l’ansia a mille e la paura di non mantenere lo standard?”.

Mi fermai, e ci pensai su. Aveva ragione.

Mi stavo costruendo da sola una prigione terribile.

Se mi avessero davvero presa, poi dovevo mantenere quello standard, pena la loro delusione e la conseguente brutta nomea in quell’ambito che ne sarebbe derivata…

Decisi di rifare i disegni. Li feci con il mio stile, quello vero, quello che mi veniva spontaneo. Ci misi cura, ma non ansia e nessuno stress.

Se gli fossero piaciuti, dopo, sostenere quel tipo di lavoro sarebbe stato piacevole per me, divertente e in quello stato d’animo avrei potuto solo migliorare, magari anche stupirli se fossi stata particolarmente ispirata, ma di certo, non li averi delusi, perché stavo presentando LA VERA ME.

Morale della favola?

Mi presero.

Il lavoro fu divertente, ben pagato e mi diede una enorme botta di autostima 😉

Ed è lì che imparai a non promettere ciò che non potevo mantenere, o ciò che poi, sarebbe stato dispendioso, stressante e ansiogeno rispettare.

Perché ti ho raccontato questa storiella?

Per spiegarti in che modo riusciamo a deludere le persone a cui teniamo e come possiamo evitare di farlo ancora in futuro.

Esempio 1: Ti chiamano per un colloquio di lavoro. E’ un lavoro fico, importante e subito ti scatta la necessità interiore di mostrare il lato migliore di te affinché ti scelgano. Ti tieni a lucido e fai di tutto per mostrare il tuo meglio. Così loro ti prendono. A quel punto che succede? L’adrenalina ti cala, la motivazione anche (perché tanto ormai ti hanno scelto) e tu tornerai ad essere e a comportarti come sei davvero, il che non sarebbe un problema, se solo non avessi fatto credere a “loro” di essere più sprint, più pronto e più preparato di quello che sei. Li hai illusi, e adesso, immancabilmente, li deluderai. E una normale mancanza che altrimenti sarebbe una normale mancanza, confrontata con l’immagine che avevi dato di te, adesso diventa un problema. Un problema che, se non avessi fatto promesse che non potevi mantenere offrendo un’immagine falsata di te, adesso non ci sarebbe.

Esempio 2: Devi andare ad un appuntamento. Ti tiri a lucido, perché è un sacco che non esci con qualcuno e fai di tutto, un po’ come nell’esempio di prima, per mostrare i lati migliori di te: ascolti, annuisci anche difronte ad argomenti di cui non te ne frega assolutamente niente, fingi di essere preso/a, interessato/a, coinvolto/a e quando si tocca una tematica in cui sei in palese disaccordo, preferisci prendere la strada della diplomazia, e far finta, in qualche modo, che il tuo disaccordo non sia poi così elevato come invece in realtà è. Ti va bene, vi mettete insieme. Un bel giorno lui o lei torna sull’argomento, e adesso tu non hai più l’ansia di farti scegliere, perché ti ha già scelto, così dici francamente la tua e… inizia il patatrac. Perché lui/lei cade dalle nuvole, perché non immaginava che tu fossi così in contrasto, perché per lui/lei era un argomento importante, vitale, e credeva di aver scelto una persona con una posizione diversa. Di nuovo la sequenza dell’illusione a cui segue, immancabilmente la delusione.

Esempio 3: Prometti a te stesso di smettere di fumare. Ne sei assolutamente convinto. Poi invece esci, e fumi. E ti dici: “sono un cretino”. Perdi fiducia in te. Illusione. Delusione.

La dinamica promessa – illusione – delusione può essere applicata ad ogni campo della tua vita: coi tuoi amici, con quelli con cui giochi a calcetto, con i tuoi famigliari, con i tuoi figli, con te stesso.

Ogni volta che facciamo delle promesse che non siamo in grado di mantenere apriamo la porta all’amarezza della delusione.

Che significa questo?

Che non possiamo più promettere nulla alle persone che amiamo? Che dobbiamo andare ai colloqui di lavoro con la camicia sporca di sugo e i capelli pieni di forfora per non dover poi rispettare certi standard?

In qualche modo strano… SI! (anche se non proprio in maniera così drastica).

Si perché, presentarci con un po’ più di autenticità all’esterno ci renderà il mondo un po’ più semplice da gestire.

Perché sai, se hai la certezza che i tuoi amici stiano con te PUR conoscendoti bene, non avrai l’ansia quando ci dovrai uscire insieme, ti sentirai rilassato/a, perché avrai davanti a te persone con le quali non dovrai portare maschere.

E se ti hanno preso nel nuovo lavoro perché hanno visto quello che sai fare, con le luci e con le ombre, senza bugie e senza esagerazioni, non avrai più tutta quella paura di sbagliare, perché non ci sarà nessuna facciata da supererore da mantenere.

Chiaro no?

Ma come si fa a costruirsi una realtà del genere?

Ecco 3 consigli che potrai mettere in pratica subito:

  1. Prometti solo le cose che sei sicuro/a di poter mantenere: nelle relazioni soprattutto, evita accuratamente di fare promesse solo per “tenere buono” l’altro. Quello che tieni buono oggi con una illusione finisce per diventare un belva feroce quando l’avrai deluso. Intanto, lavora su te stesso/a per poter promettere, nel tempo, sempre più cose 😉
  2. Una volta al giorno, con le persone che vuoi tu, togliti un pezzettino di maschera: qualche volta, mentre sei con gli amici di sempre con i quali sei abituato a non dire esattamente la tua per non creare problemi, prova a fare qualche piccolo passettino in una direzione diversa. Dì un No, quando di solito per quieto vivere avresti detto un SI, o esprimi un parere che di solito tieni per te. Non è necessario che siano cose di grande interesse nazionale, anche minuscoli argomenti, insignificanti, solo per esercitarti a svelarti di più;
  3. Ai primi appuntamenti (di qualunque genere) mostra volontariamente qualche tuo lato imperfetto: se devi uscire con una persona, dì qualcosa di te che di solito terresti nascosto per “sicurezza”, o se vai ad un colloquio di lavoro, parla francamente di un tuo difetto. Mostra il lato impreciso, disilludili un po’ dall’inizio, così saranno vaccinati e dopo che ti avranno scelto non ci sarà più il pericolo della delusione sul tuo collo come una spada di Damocle. E se non dovessero sceglierti? Beh, ottimo, anche tu, dall’inizio, avrai evitato una catastrofica delusione nel futuro grazie una piccola disillusione nel presente 😉

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Perché Yoda andrebbe d’accordo con la mia Terapeuta e perché Luke Skywalker forse era un pò stupido. Ovvero, come si superano le pippe mentali

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Qualche tempo fa ero in una seduta con la mia terapeuta (si, ovviamente anche io a volte mi faccio dare una mano) e stavamo parlando delle mie “pippe mentali” su un certo argomento.

Ad un certo punto, in maniera abbastanza divertita, ma anche un po’ esasperata, lei allarga le braccia e mi fa: “mamma mia Robè, quanto sei paranoica… quanto lavora il tuo cervello…”.

Eh, lo so” ho risposto sempre tra il divertito e il demoralizzato.

Quando finirà?” ho aggiunto.

Quando smetterai di prendere precauzioni”.

Ora, la cosa forse potrebbe non suonarti illuminante come è stata per me, ma per farti capire meglio il discorso userò uno spezzone di uno dei film di Star Wars

Ok, seguiamo il video e quello che accade… guardalo e poi torna a leggere…

Luke avverte qualcosa di strano, “qualcosa che non va” sente “freddo e morte”.

La risposta di Yoda è subito molto chiara: “Quel posto è forte, del lato Oscuro della Forza”. E fin qui, ok, lo avevamo intuito anche noi… “Un regno malvagio esso è”. Ok, andiamo di male in peggio… ma ancora lo avevamo intuito… solo che, a questo punto Yoda aggiunge qualcosa di piuttosto sconcertante: “DENTRO DEVI ANDARE”.

Dentro devo andare???

Ma come dentro, Yoda??? Insomma, mi hai appena detto con aria solenne che si tratta di un posto in cui il lato oscuro è forte, addirittura lo hai definito un REGNO MALVAGIO, e la conseguenza che ne trai è che io ci devo andare dentro? Ma sei pazzo???

Luke pare però non avere la stessa reazione di cui sopra (si vede che aveva già passato un po’ di tempo ad addestrarsi con Yoda 😉 ). Non mette in discussione il comando del suo maestro, ma domanda semplicemente: “Che c’è lì dentro?”

Beh, anche qui… si vede che i dialoghi dei film sono fatti da gente più paziente di noi comuni mortali, perché un po’ al posto di Yoda viene da rispondere: “Ma come cosa c’è dentro? Ma sei sordo? Te l’ho appena detto Luke! Il lato Oscuro… il regno malvagio… mamma mia ma sei proprio ottuso! Ma non mi potevo scegliere un apprendista più acuto?”.

Invece Yoda è Yoda e risponde: “Solo ciò che con te porterai”.

Ecco, qui c’è la risposta a tutto.

Luke si trova davanti un luogo che sente essere freddo e di morte. Gli provoca delle sensazioni molto precise che vengono anche confermate dal suo maestro. Perché Yoda non gli dice: “Luke, ma che dici, sono paranoie le tue! Non c’è niente lì dentro! Statti tranquillo e non ci pensare! Mamma quante pippe che ti fai oh!”.

Eh no. Yoda segue la percezione di Luke. “E’ un luogo in cui il Lato oscuro è forte. Un regno Malvagio”. Come se dicesse: “si Luke, le paranoie che ti stai facendo sono reali. Quel problema esiste davvero. E’ un problema serio. E per risolverlo, caro mio, tu ci devi entrare. Una volta dentro ci troverai soltanto ciò che porterai con te”.

E Luke, sentito questo avvertimento prende la cintura con le armi e se la mette addosso… GENIO!

Ma come? Yoda ti ha appena detto che là dentro troverai SOLO quello che porterai con te e tu che fai? Ti porti le armi? Ma allora sei scemo! Eccheccavolo!

Ma Yoda, sempre più paziente di noi esseri comuni mortali, semplicemente ribatte: “Le armi, non ti serviranno”, Luke però se ne frega, si allaccia meglio la cintura (super-Genio… vabbeh, ormai abbiamo capito l’andazzo) ed entra nella caverna armato.

Insomma, senza tirarla per le lunghe visto che dobbiamo anche arrivare a una morale, una volta dentro incontra il fantasma di Dart Fener, che sguaina la sua spada e che si avventa su di lui. Combattono, gli taglia la testa e nell’elmo c’è lui stesso.

Non vado oltre nell’analizzare quest’ultima scena, perché non voglio fare spoiler a chi non avesse già visto il film (se non lo avete fatto, fatelo), ma la domanda sulla quale mi voglio concentrare è:

perché Yoda aveva detto a Luke che le armi non gli sarebbero servite se invece poi, una volta dentro la caverna, incontra Dart Fener con la spada che lo attacca?

Come avrebbe dovuto difendersi senza armi? Che voleva dire Yoda in realtà? Ha sbagliato? Lo ha preso in giro? Non sapeva cosa ci fosse veramente lì dentro?

Eh, la risposta è tutta nella frase: “Solo ciò che con te porterai”

Solo ciò che porterai…

Luke entra nella caverna con in testa un fantasma, e quindi ve lo ritrova.

Luke entra nella caverna con la paura che qualcuno possa fargli del male e attaccarlo, e quindi il fantasma lo attacca.

Luke entra nella caverna con le armi, e quindi combatte.

Solo ciò che porterai…

Bene, questa dinamica è esattamente quello che succede con le caverne che sanno di freddo e di morte della nostra vita, con i Regni Malvagi nei quali ci imbattiamo durante il nostro cammino.

Quello che portiamo con noi vi troveremo.

Temiamo che sul lavoro possano svalutarci e trattarci male e quindi stiamo sempre sulla difensiva? Ecco che troveremo svalutazioni e freddezza;

Siamo convinti che qualcuno abbia cattive intenzioni nei nostri confronti e quindi ci andiamo a parlare a muso duro, pronti ad azzannare alla giugulare al primo segnale di attacco? Ecco che verremo attaccati;

Abbiamo la paranoia di non essere abbastanza bravi, abbastanza belli, abbastanza intelligenti? Ecco che troveremo continue conferme del fatto che non siamo abbastanza bravi, abbastanza belli e abbastanza intelligenti.

Perché è così che funzionano le paranoie, ed è quello che voleva dirmi la mia terapeuta nella nostra ultima seduta: se vivi prendendo mille precauzioni a causa delle cose che hai paura di trovare nella caverna, la tua caverna sarà popolata dai tuoi fantasmi.

E, ancora peggio, se vivi EVITANDO la caverna, il lato oscuro al suo interno diventerà sempre più forte e alla fine dominerà la tua vita.

Cosa fare dunque davanti alle caverne della nostra vita?

Come gestirle e affrontarle?

Ecco qualche suggerimento pratico:

  1. Se hai una paranoia (e per paranoia intendo quella sensazione strana che ci sia qualcosa che non va, che non quadra ma che hai paura di guardare) entraci dentro. Difronte a certe grandi “pippe mentali” (uso i termini tecnici), un bel bagno di realtà è molto più utile di nottate trascorse a farsi domande alle quali non c’è risposta.
  2. Ricorda che vi troverai “solo ciò che porterai”. Quindi, se stai affrontando regni particolarmente malvagi, prova a domandarti cosa stai portando tu: paure? Rabbia? Parti subito all’attacco in certi contesti? Sei molto sulla difensiva? Stai prendendo delle precauzioni rispetto a qualcosa che ti fa paura?
  3. Agisci. L’azione scioglie molti dubbi che la mente da sola non riesce a sciogliere. Ed entrando ricorda che “le armi, non ti serviranno”.

E se hai bisogno di una mano per entrare o affrontare meglio qualche caverna della tua vita, ricorda che puoi sempre chiedere una Consulenza anche a distanza cliccando qui.

Oggi è la tua giornata NO? 3 cose che ti conviene fare per non trasformarla in una catastrofe

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La sveglia suona, apri gli occhi, spegni la sveglia, ti ributti per un attimo sul cuscino attendendo che la tua mente si desti dal sonno, in quei brevissimi istanti in cui tutto sembra ancora avere un assetto onirico ed ecco che il mondo, la vita, i problemi, i pensieri abitudinari che ti porti costantemente addosso ti ripiombano sul petto e ti ricordano cosa ti aspetta nell’alzarti dal letto.

Ci siamo, è l’inizio di una giornata NO.

Devi lavorare, fare le cose che devi fare, essere gentile, sorridente, produttivo/a, scintillante, ma non ne hai nessuna voglia.

Hai sonno, stai male, vorresti startene dentro casa a guardare film e mangiare patatine per non pensare più a niente, ma devi vivere e non puoi nasconderti.

Come si affronta tutto questo? Che si fa?

Bene, prima di tutto ecco 3 cose da evitare per non far diventare una semplice giornata NO, una catastrofe:

  1. Oggi, e solo per oggi, non prendere decisioni importati: anche se i tuoi ragionamenti sottili e catastrofici ti porterebbero a prendere determinate decisioni, che magari sai che dovresti prendere da un po’, oggi, e solo per oggi, evita assolutamente di prendere decisioni. Si, lascia tutto in stand by, dì a te stesso/a che sei momentaneamente fuori uso e che per quanto i tuoi pensieri più nefasti possano sembrare realistici e credibili, in verità, sei in preda ad una alterazione totale del tuo stato psichico/emotivo. Quindi, oggi e solo per oggi, evita di prendere decisioni importanti. Ti serve lucidità per farlo, e oggi no, oggi non ne hai. Quindi, astieniti.
  2. Se hai a che fare con persone importanti per te, vaccinale: se a lavoro devi parlare con un importante cliente e proprio non riesci a tornare sereno/a, se devi incontrare una persona speciale con la quale hai fissato un appuntamento da molto tempo e temi di fare qualche “casino”, se devi vedere tua madre, tuo figlio, tuo zio, il tuo partner o l’ex, vaccinali contro il tuo stato interiore. Semplicemente dì loro: “guarda, mi scuso in anticipo se oggi posso sembrarti fuori luogo, o antipatico/a o scorbutico/a, non ha nulla a che vedere con te. E’ solo una giornata NO”. Eviterai molte piccole disavventure relazionali alle quali poi dovresti porre rimedio domani. Gioca di intelligenza e spara un bel vaccino “anti-giornataNO”.
  3. Smettila di fare di tutto per riprenderti: a volte i nostri stati di malessere vengono esagerati proprio dai tentativi e dalla pressione che ci mettiamo addosso per cercare di farli passare. E’ vero che molti suggeriscono di metterti davanti allo specchio e urlare motivanti “SI, SONO GRANDE E CE LA FARO’”, ma spesso, questo genere di soluzioni, invece che farci rasserenare, ci fanno diventare ancora più nervosi, per il semplice fatto che, intimamente, non riusciamo per nulla a tornare tranquilli. Ci sono casi in cui il tentativo di modificare a comando uno stato emotivo con un altro esaspera solo l’emozione che si voleva eliminare. Ti senti arrabbiato e cerchi di tranquillizzarti? Diventi più arrabbiato. Sei triste e vuoi spingerti a diventare allegro? Diventi più triste. A volte, l’unica soluzione intelligente da adottare in una giornata NO è lasciare che sia, semplicemente, una giornata NO. Così resterà una giornata e non diventerà una settimana, un mese o un anno.

Bene, tutto questo ha senso se stiamo parlando di una sola giornata NO. Se invece, la tua giornata NO è un PERIODO NO, allora le strategie da adottare cambiano, perché, sai, evitare di prendere decisioni importanti, trattare continuamente male i propri cari e lasciare che il malessere interiore continui a stare dove sta, potrebbero non essere soluzioni sagge sul lungo periodo.

Se le tue giornate NO sono talmente tante da essere diventate un mese, due mesi o più, allora bisogna capire cosa succede e porvi rimedio. Ne va della qualità della vita!

In questi casi, un consulto professionale può aiutare a ridurre le tempistiche e ad individuare rapidamente e con successo quali possano essere le soluzioni più adatte al proprio caso specifico per ribaltare la situazione.

Se volessi il mio aiuto per questo clicca qui per prenotare la Consulenza dal vivo oppure on-line.