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Perché ci capita di invidiare gli altri e perché in realtà è tutta una grande paranoia

Quante volte ti è capitato di pensare che nella tua vita non arrivano mai le occasioni giuste mentre nella vita degli altri sembrano sempre accadere cose miracolose che svoltano tutto? L’amica X che ti parla del nuovo lavoro che ha ottenuto martedì scorso, la collega che ti dice che finalmente dopo 3 anni il fidanzato le ha chiesto di sposarla, il fornaio che dice che andrà in ferie ai Caraibi. E tu? Tu niente… solita vita, soliti sbattimenti, solite cose.

Perché succede?

Davvero sei più sfigato degli altri e hai la nuvoletta di Fantozzi sulla testa o le cose stanno diversamente e c’è qualcosa che ti sta sfuggendo?

Qualche giorno fa, durante la mia meditazione quotidiana, mi è venuto in mente questo Psycofumetto….

la torta

La storia è semplice: l’omino desidera una torta, decide di prepararsela e la mette in forno, ma poi, durante l’attesa necessaria per farla cuocere, si secca e se ne va. Quando il timer suona perché la torta è finalmente pronta non c’è nessuno a gustarla, soprattutto non c’è l’omino che tanto l’aveva desiderata.

Questo succede perché l’omino in questione dimentica che per raggiungere un risultato (che nel suo caso è avere la torta pronta) il processo si divide in due tempi: c’è la preparazione, ma dopo… c’è L’ATTESA.

Solo che, a livello sociale, dell’attesa non ne parliamo mai o comunque ne parliamo sempre in maniera distorta.

Ecco quindi i 3 motivi che favoriscono questa lieve sensazione di invidia (falsata) che senti a volte dentro di te:

  1. Di solito si parla dei risultati e non dei processi: restando nella metafora della torta, sarà molto più facile che gli altri vengano a raccontarti pieni di entusiasmo della torta che oggi stanno mangiando e difficilmente ti diranno che per poterla mangiare hanno dovuto aspettare un bel po’ e che durante l’attesa hanno avuto dubbi, momenti di noia e di spossatezza e che restare e aspettare è stata una parte importantissima del processo necessario per poi poter gustare quella torta di cui oggi ti parlano. 
  2. Noi stessi sopravvalutiamo i risultati degli altri e sottovalutiamo i nostri processi: anche se nessuno ci venisse mai a raccontare nulla, abbiamo tutti la tendenza a notare di più le torte che gli altri stanno già mangiando rispetto a quelle abbiamo in forno noi. Così, anche se intorno a te ci sarà gente che la torta l’avrà quasi finita, per te sarà comunque più “visibile” di quella che tu stai ancora attendendo si prepari e questo ti farà sentire in qualche modo inferiore.
  1. Gli altri parlano delle torte che stanno mangiando oggi e raramente confessano di non averne mangiate diverse per incapacità di attendere: normalmente, nei discorsi condivisi, si cerca sempre di raccontare qualcosa di positivo di sé, per darsi un certo tono. E’ difficile trovare qualcuno che a cuore aperto ti racconterà delle torte che ha abbandonato nel forno perché non ha avuto la pazienza e la costanza di attendere il suono del timer. Al tuo orecchio arriveranno i racconti dei successi altrui mentre i tuoi occhi saranno lì fissi sulle innumerevoli torte che hai abbandonato nei forni della tua vita in passato. La tua percezione della realtà si altererà quando sentirai parlare dell‘amica X che ha ottenuto il lavoro e che non ti dirà che per riuscirci ha inviato più di 10 curriculum al giorno per 7 mesi vivendo sul divano di casa di sua zia, o quando la tua collega ti dirà che sta per sposarsi senza però raccontarti del dolore che attraversato per riuscire ad accettare che il suo ex non fosse l’uomo giusto per lei e quindi lasciarlo, condannandosi ai successivi 2 anni di solitudine estrema. Così come non saprai mai di tutte le volte in cui il fornaio ha dovuto rinunciare alle vacanze per potersi permettere quest’anno i Caraibi e di quanti litigi sta ancora affrontando con sua moglie, che invece voleva andare alle Maldive visto che sarà l’unico viaggio che faranno per i prossimi 6 anni.

Ed è così che si crea quel meccanismo falsato ed erroneo che è l’invidia, o, detto in termini tecnici, “il rosicamento”, per cui pensi che gli altri stiano meglio di te e che tu sia l’unico a non mangiare torte o a fare tanta fatica per mangiarne una.

In questi momenti, l’errore più grande che potresti fare è iniziare a vagare freneticamente alla ricerca di torte già pronte da ingurgitare.

L’autoinganno che potrebbe ulularti in testa suonerebbe più o meno così: “Lo vedi? Gli altri stanno tutti già mangiando mentre tu stai qua a perdere tempo! Adesso la smetti di sognare le tue cavolate, ti alzi e vai alla ricerca della prima torta da mangiare!”.

Ma questo, come abbiamo detto è un errore di percezione.
Perché se è vero che qualcuno si trova la torta pronta in tavola (e comunque, dopo averla terminata, anche lui/lei dovrà imparare a cucinare) è vero soprattutto che per la maggior parte di noi l’unico modo per mangiare torte è cucinarle e poi sapere attendere che siano pronte.

Quindi, invece di morire di invidia e frustrazione, se le cose nella tua vita in un qualche campo non stanno andando esattamente come vorresti, prova a farti delle domande più sane e più realistiche che possano davvero aiutarti a raggiungere i risultati che stai perseguendo: 

  1. C’è davvero una torta nel forno o sto aspettando invano? Ho fatto le cose necessarie per raggiungere quel determinato risultato? Ho fatto già tutto quello che sapevo di dover fare, messo in atto tutte le ispirazioni che avevo avuto, osato lì dove sapevo di dover osare? Oppure ho omesso qualche ingrediente importante?
  2. Se ho fatto tutto quello che serviva, ho aspettato per il tempo necessario? O sto fuggendo proprio nel momento in cui invece il processo richiede di aspettare?
  3. E nel frattempo che aspetto, c’è qualcos’altro che posso fare?

Ricorda: perdiamo più occasioni per incapacità di attendere che per incapacità di fare. L’attesa non è un optional è parte del processo.
Impara ad attendere 😉

 


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Perché Yoda andrebbe d’accordo con la mia Terapeuta e perché Luke Skywalker forse era un pò stupido. Ovvero, come si superano le pippe mentali

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Qualche tempo fa ero in una seduta con la mia terapeuta (si, ovviamente anche io a volte mi faccio dare una mano) e stavamo parlando delle mie “pippe mentali” su un certo argomento.

Ad un certo punto, in maniera abbastanza divertita, ma anche un po’ esasperata, lei allarga le braccia e mi fa: “mamma mia Robè, quanto sei paranoica… quanto lavora il tuo cervello…”.

Eh, lo so” ho risposto sempre tra il divertito e il demoralizzato.

Quando finirà?” ho aggiunto.

Quando smetterai di prendere precauzioni”.

Ora, la cosa forse potrebbe non suonarti illuminante come è stata per me, ma per farti capire meglio il discorso userò uno spezzone di uno dei film di Star Wars

Ok, seguiamo il video e quello che accade… guardalo e poi torna a leggere…

Luke avverte qualcosa di strano, “qualcosa che non va” sente “freddo e morte”.

La risposta di Yoda è subito molto chiara: “Quel posto è forte, del lato Oscuro della Forza”. E fin qui, ok, lo avevamo intuito anche noi… “Un regno malvagio esso è”. Ok, andiamo di male in peggio… ma ancora lo avevamo intuito… solo che, a questo punto Yoda aggiunge qualcosa di piuttosto sconcertante: “DENTRO DEVI ANDARE”.

Dentro devo andare???

Ma come dentro, Yoda??? Insomma, mi hai appena detto con aria solenne che si tratta di un posto in cui il lato oscuro è forte, addirittura lo hai definito un REGNO MALVAGIO, e la conseguenza che ne trai è che io ci devo andare dentro? Ma sei pazzo???

Luke pare però non avere la stessa reazione di cui sopra (si vede che aveva già passato un po’ di tempo ad addestrarsi con Yoda 😉 ). Non mette in discussione il comando del suo maestro, ma domanda semplicemente: “Che c’è lì dentro?”

Beh, anche qui… si vede che i dialoghi dei film sono fatti da gente più paziente di noi comuni mortali, perché un po’ al posto di Yoda viene da rispondere: “Ma come cosa c’è dentro? Ma sei sordo? Te l’ho appena detto Luke! Il lato Oscuro… il regno malvagio… mamma mia ma sei proprio ottuso! Ma non mi potevo scegliere un apprendista più acuto?”.

Invece Yoda è Yoda e risponde: “Solo ciò che con te porterai”.

Ecco, qui c’è la risposta a tutto.

Luke si trova davanti un luogo che sente essere freddo e di morte. Gli provoca delle sensazioni molto precise che vengono anche confermate dal suo maestro. Perché Yoda non gli dice: “Luke, ma che dici, sono paranoie le tue! Non c’è niente lì dentro! Statti tranquillo e non ci pensare! Mamma quante pippe che ti fai oh!”.

Eh no. Yoda segue la percezione di Luke. “E’ un luogo in cui il Lato oscuro è forte. Un regno Malvagio”. Come se dicesse: “si Luke, le paranoie che ti stai facendo sono reali. Quel problema esiste davvero. E’ un problema serio. E per risolverlo, caro mio, tu ci devi entrare. Una volta dentro ci troverai soltanto ciò che porterai con te”.

E Luke, sentito questo avvertimento prende la cintura con le armi e se la mette addosso… GENIO!

Ma come? Yoda ti ha appena detto che là dentro troverai SOLO quello che porterai con te e tu che fai? Ti porti le armi? Ma allora sei scemo! Eccheccavolo!

Ma Yoda, sempre più paziente di noi esseri comuni mortali, semplicemente ribatte: “Le armi, non ti serviranno”, Luke però se ne frega, si allaccia meglio la cintura (super-Genio… vabbeh, ormai abbiamo capito l’andazzo) ed entra nella caverna armato.

Insomma, senza tirarla per le lunghe visto che dobbiamo anche arrivare a una morale, una volta dentro incontra il fantasma di Dart Fener, che sguaina la sua spada e che si avventa su di lui. Combattono, gli taglia la testa e nell’elmo c’è lui stesso.

Non vado oltre nell’analizzare quest’ultima scena, perché non voglio fare spoiler a chi non avesse già visto il film (se non lo avete fatto, fatelo), ma la domanda sulla quale mi voglio concentrare è:

perché Yoda aveva detto a Luke che le armi non gli sarebbero servite se invece poi, una volta dentro la caverna, incontra Dart Fener con la spada che lo attacca?

Come avrebbe dovuto difendersi senza armi? Che voleva dire Yoda in realtà? Ha sbagliato? Lo ha preso in giro? Non sapeva cosa ci fosse veramente lì dentro?

Eh, la risposta è tutta nella frase: “Solo ciò che con te porterai”

Solo ciò che porterai…

Luke entra nella caverna con in testa un fantasma, e quindi ve lo ritrova.

Luke entra nella caverna con la paura che qualcuno possa fargli del male e attaccarlo, e quindi il fantasma lo attacca.

Luke entra nella caverna con le armi, e quindi combatte.

Solo ciò che porterai…

Bene, questa dinamica è esattamente quello che succede con le caverne che sanno di freddo e di morte della nostra vita, con i Regni Malvagi nei quali ci imbattiamo durante il nostro cammino.

Quello che portiamo con noi vi troveremo.

Temiamo che sul lavoro possano svalutarci e trattarci male e quindi stiamo sempre sulla difensiva? Ecco che troveremo svalutazioni e freddezza;

Siamo convinti che qualcuno abbia cattive intenzioni nei nostri confronti e quindi ci andiamo a parlare a muso duro, pronti ad azzannare alla giugulare al primo segnale di attacco? Ecco che verremo attaccati;

Abbiamo la paranoia di non essere abbastanza bravi, abbastanza belli, abbastanza intelligenti? Ecco che troveremo continue conferme del fatto che non siamo abbastanza bravi, abbastanza belli e abbastanza intelligenti.

Perché è così che funzionano le paranoie, ed è quello che voleva dirmi la mia terapeuta nella nostra ultima seduta: se vivi prendendo mille precauzioni a causa delle cose che hai paura di trovare nella caverna, la tua caverna sarà popolata dai tuoi fantasmi.

E, ancora peggio, se vivi EVITANDO la caverna, il lato oscuro al suo interno diventerà sempre più forte e alla fine dominerà la tua vita.

Cosa fare dunque davanti alle caverne della nostra vita?

Come gestirle e affrontarle?

Ecco qualche suggerimento pratico:

  1. Se hai una paranoia (e per paranoia intendo quella sensazione strana che ci sia qualcosa che non va, che non quadra ma che hai paura di guardare) entraci dentro. Difronte a certe grandi “pippe mentali” (uso i termini tecnici), un bel bagno di realtà è molto più utile di nottate trascorse a farsi domande alle quali non c’è risposta.
  2. Ricorda che vi troverai “solo ciò che porterai”. Quindi, se stai affrontando regni particolarmente malvagi, prova a domandarti cosa stai portando tu: paure? Rabbia? Parti subito all’attacco in certi contesti? Sei molto sulla difensiva? Stai prendendo delle precauzioni rispetto a qualcosa che ti fa paura?
  3. Agisci. L’azione scioglie molti dubbi che la mente da sola non riesce a sciogliere. Ed entrando ricorda che “le armi, non ti serviranno”.

E se hai bisogno di una mano per entrare o affrontare meglio qualche caverna della tua vita, ricorda che puoi sempre chiedere una Consulenza anche a distanza cliccando qui.