Monthfebbraio 2018

I 3 PACCHI DI FARINA

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RIFLESSIONE DEL GIORNO:
Puoi avere quanti pacchi di farina vuoi, ma se non ti lavi le mani, il tuo pane verrà sempre sporco.
In altri termini: nella vita ti arriveranno diverse occasioni per cambiare le cose, ma se le vivrai sempre con gli stessi vecchi, malsani e ripetitivi schemi mentali, alla fine, la tua vita non cambierà.

Dai una “lavatina” ogni tanto 😉

 

“Sono molto deluso”… “Perché molto ti eri illuso!”. 3 consigli per evitare di deludere e di deludersi, ma senza perdere la speranza

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Lascia che ti racconti una mia esperienza personale sul campo dell’illustrazione (altro mio mestiere e passione oltre alla psicologia).

Qualche anno fa venni a sapere che una certa agenzia televisiva stava cercando un illustratore. Bisognava inviare alcuni disegni per mostrare il proprio stile e poter quindi essere valutati in confronto ad altri candidati. Avevo una giornata di tempo.

Piena di emozione e ansia da prestazione realizzai i primi due disegni impiegandoci metà giornata. Dovevo farne almeno 8.

Mi iniziai a disperare.

Ci avevo messo 5 ore per farne solo due, ero stressatissima e mi faceva male la schiena per la tensione. Non sarei mai riuscita a fare gli altri nelle ore rimanenti!

Però, quei due disegni… erano fantastici!

Mentre stavo lì a contemplare le mie opere e la mia disperazione, arrivò mio fratello che guardò i disegni, poi guardò me e mi disse:

Belli, ma questo non è il tuo stile…”

“Come no? Li ho fatti io!”

“Si ma… sono… diversi dai tuoi soliti. Ti ci vuole troppa concentrazione per farli così”.

“Si ma sono bellissimi! Mi prenderanno di sicuro!”

“Probabilmente hai ragione. Ma poi che farai? Tutte le volte che dovrai fare qualcosa per loro ti stresserai come oggi? Starai per tutta la durata della commissione con l’ansia a mille e la paura di non mantenere lo standard?”.

Mi fermai, e ci pensai su. Aveva ragione.

Mi stavo costruendo da sola una prigione terribile.

Se mi avessero davvero presa, poi dovevo mantenere quello standard, pena la loro delusione e la conseguente brutta nomea in quell’ambito che ne sarebbe derivata…

Decisi di rifare i disegni. Li feci con il mio stile, quello vero, quello che mi veniva spontaneo. Ci misi cura, ma non ansia e nessuno stress.

Se gli fossero piaciuti, dopo, sostenere quel tipo di lavoro sarebbe stato piacevole per me, divertente e in quello stato d’animo avrei potuto solo migliorare, magari anche stupirli se fossi stata particolarmente ispirata, ma di certo, non li averi delusi, perché stavo presentando LA VERA ME.

Morale della favola?

Mi presero.

Il lavoro fu divertente, ben pagato e mi diede una enorme botta di autostima 😉

Ed è lì che imparai a non promettere ciò che non potevo mantenere, o ciò che poi, sarebbe stato dispendioso, stressante e ansiogeno rispettare.

Perché ti ho raccontato questa storiella?

Per spiegarti in che modo riusciamo a deludere le persone a cui teniamo e come possiamo evitare di farlo ancora in futuro.

Esempio 1: Ti chiamano per un colloquio di lavoro. E’ un lavoro fico, importante e subito ti scatta la necessità interiore di mostrare il lato migliore di te affinché ti scelgano. Ti tieni a lucido e fai di tutto per mostrare il tuo meglio. Così loro ti prendono. A quel punto che succede? L’adrenalina ti cala, la motivazione anche (perché tanto ormai ti hanno scelto) e tu tornerai ad essere e a comportarti come sei davvero, il che non sarebbe un problema, se solo non avessi fatto credere a “loro” di essere più sprint, più pronto e più preparato di quello che sei. Li hai illusi, e adesso, immancabilmente, li deluderai. E una normale mancanza che altrimenti sarebbe una normale mancanza, confrontata con l’immagine che avevi dato di te, adesso diventa un problema. Un problema che, se non avessi fatto promesse che non potevi mantenere offrendo un’immagine falsata di te, adesso non ci sarebbe.

Esempio 2: Devi andare ad un appuntamento. Ti tiri a lucido, perché è un sacco che non esci con qualcuno e fai di tutto, un po’ come nell’esempio di prima, per mostrare i lati migliori di te: ascolti, annuisci anche difronte ad argomenti di cui non te ne frega assolutamente niente, fingi di essere preso/a, interessato/a, coinvolto/a e quando si tocca una tematica in cui sei in palese disaccordo, preferisci prendere la strada della diplomazia, e far finta, in qualche modo, che il tuo disaccordo non sia poi così elevato come invece in realtà è. Ti va bene, vi mettete insieme. Un bel giorno lui o lei torna sull’argomento, e adesso tu non hai più l’ansia di farti scegliere, perché ti ha già scelto, così dici francamente la tua e… inizia il patatrac. Perché lui/lei cade dalle nuvole, perché non immaginava che tu fossi così in contrasto, perché per lui/lei era un argomento importante, vitale, e credeva di aver scelto una persona con una posizione diversa. Di nuovo la sequenza dell’illusione a cui segue, immancabilmente la delusione.

Esempio 3: Prometti a te stesso di smettere di fumare. Ne sei assolutamente convinto. Poi invece esci, e fumi. E ti dici: “sono un cretino”. Perdi fiducia in te. Illusione. Delusione.

La dinamica promessa – illusione – delusione può essere applicata ad ogni campo della tua vita: coi tuoi amici, con quelli con cui giochi a calcetto, con i tuoi famigliari, con i tuoi figli, con te stesso.

Ogni volta che facciamo delle promesse che non siamo in grado di mantenere apriamo la porta all’amarezza della delusione.

Che significa questo?

Che non possiamo più promettere nulla alle persone che amiamo? Che dobbiamo andare ai colloqui di lavoro con la camicia sporca di sugo e i capelli pieni di forfora per non dover poi rispettare certi standard?

In qualche modo strano… SI! (anche se non proprio in maniera così drastica).

Si perché, presentarci con un po’ più di autenticità all’esterno ci renderà il mondo un po’ più semplice da gestire.

Perché sai, se hai la certezza che i tuoi amici stiano con te PUR conoscendoti bene, non avrai l’ansia quando ci dovrai uscire insieme, ti sentirai rilassato/a, perché avrai davanti a te persone con le quali non dovrai portare maschere.

E se ti hanno preso nel nuovo lavoro perché hanno visto quello che sai fare, con le luci e con le ombre, senza bugie e senza esagerazioni, non avrai più tutta quella paura di sbagliare, perché non ci sarà nessuna facciata da supererore da mantenere.

Chiaro no?

Ma come si fa a costruirsi una realtà del genere?

Ecco 3 consigli che potrai mettere in pratica subito:

  1. Prometti solo le cose che sei sicuro/a di poter mantenere: nelle relazioni soprattutto, evita accuratamente di fare promesse solo per “tenere buono” l’altro. Quello che tieni buono oggi con una illusione finisce per diventare un belva feroce quando l’avrai deluso. Intanto, lavora su te stesso/a per poter promettere, nel tempo, sempre più cose 😉
  2. Una volta al giorno, con le persone che vuoi tu, togliti un pezzettino di maschera: qualche volta, mentre sei con gli amici di sempre con i quali sei abituato a non dire esattamente la tua per non creare problemi, prova a fare qualche piccolo passettino in una direzione diversa. Dì un No, quando di solito per quieto vivere avresti detto un SI, o esprimi un parere che di solito tieni per te. Non è necessario che siano cose di grande interesse nazionale, anche minuscoli argomenti, insignificanti, solo per esercitarti a svelarti di più;
  3. Ai primi appuntamenti (di qualunque genere) mostra volontariamente qualche tuo lato imperfetto: se devi uscire con una persona, dì qualcosa di te che di solito terresti nascosto per “sicurezza”, o se vai ad un colloquio di lavoro, parla francamente di un tuo difetto. Mostra il lato impreciso, disilludili un po’ dall’inizio, così saranno vaccinati e dopo che ti avranno scelto non ci sarà più il pericolo della delusione sul tuo collo come una spada di Damocle. E se non dovessero sceglierti? Beh, ottimo, anche tu, dall’inizio, avrai evitato una catastrofica delusione nel futuro grazie una piccola disillusione nel presente 😉

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Ti amo. Non ti amo. Non lo so. Nel dubbio: AIUTO!

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<<Ti amo. Tu mi ami?>>

Eccolo, il panico che sale.

<<Si…>>

Risponde timidamente…

<<Ma è vero? Vero vero vero???>>

Ed ecco che inizia il loop nella testa: “Oddio, forse non è vero. Forse non tanto quanto dovrebbe essere. Forse dovrei sentire più emozioni, sentire di più la mancanza, e quel battito continuo nel cuore una volta che sono alla sua presenza.Forse, dovrei anche non vedere nessun altro al mondo oltre lui, o oltre lei. Dovrei volermi sposare in ogni istante della mia vita, e respirare la sua aria e non poter fare a meno dei suoi occhi e… e… e… oddio… forse non è vero amore!”

Ci siamo! Eccolo! Questo è il perfetto dialogo interno di chi è affetto da quello che da poco è stato etichettato come Disturbo Ossessivo Compulsivo da Relazione, vale a dire una sintomatologia ossessivo-compulsiva che ha il suo focus sulle relazioni intime e che solo di recente ha iniziato a ricevere attenzione sia dal punto di vista clinico che di ricerca (Doron, Derby, Szepsenwol, 2014).

Cos’è e come funziona?

Semplice, anche se tormentoso per chi ne è affetto, si tratta di vere e proprie ossessioni che possono riguardare la relazione che si vive o caratteristiche più specifiche del proprio partner… o entrambe le cose, se si è particolarmente fortunati 😉

I dubbi e i pensieri ossessivi che riguardano la relazione suonano più o meno come il dialogo interno di cui sopra: “amo o non amo? E come faccio a sapere se amo? E se credo di amare, come faccio ad essere sicuro che provo ciò che dovrei provare? E cosa provo in realtà? Sto davvero bene o lo penso soltanto? E come so che il mio partner mi ama davvero?” E via dicendo. Tanti modi allegri e divertenti per mettere in dubbio qualsiasi cosa e riempirsi di paranoie ad alto contenuto ansiogeno insomma.

Quando i sintomi ossessivi sono focalizzati sul partner allora i pensieri vanno più ad analizzare le caratteristiche fisiche dell’altro, in base alla creatività di ognuno e qui ogni persona è diversa, perché ci sono sempre modi originali per essere folli ;-). Magari ci si fissa su quel punto del naso che proprio non riusciamo a sopportare, o sull’angolazione del viso che ci da fastidio non si sa bene perché, o su come ride, o sul tono di voce che ha, o su come respira e come muove la testa quando dice di SI.

Il tutto è molto, molto difficile da gestire, perché (se hai questo disturbo lo sai e se non lo hai prova ad immaginarlo), soprattutto se non vuoi prendere in giro nessuno o comunque se non vuoi perdere tempo e vuoi essere certo di stare vivendo la relazione “giusta” per te, proverai a mettere in atto una serie di comportamenti per trovare risposte alle domande continue che ti vengono in mente.

Quali comportamenti? Eccone alcuni:

  1. Prestare una continua attenzione ai propri sentimenti per assicurarsi che siano “veri”: è un po’ come tentare di afferrare una farfalla… più le vai dietro, più ti sfuggirà. I pensieri annebbieranno le sensazioni e finirai per non sentire più nulla se non la tua paura folle di non sentire nulla. Fantastico vero? Più cerchi di capire, meno capirai. Più cerchi di sentire, meno sentirai. Più cerchi la sicurezza, meno la avrai. Più rincorrerai la certezza, meno la troverai.
  2. Prestare continua attenzione ai propri comportamenti: sto guadando qualcuno? Perché ho guardato quello lì o quella lì? Forse allora non voglio davvero bene al mio partner? Forse non mi basta? Sto cercando altro? Questo significa che potrei tradirlo/la?” E così via su questa linea. Così, comportamenti che per gli altri sono normalissimi (magari ti sarai già sentito/a dire che anche se si è fidanzati gli occhi continuano ad esserci e che sono fatti per guardare ecc, ecc…), per te diventano fonte di ansia e angoscia. La paranoia continua che siano la prova del tuo non amore. Ecco allora che, magari, inizi ad evitare cose che potrebbero turbarti. Magari non vai alle feste per paura di incontrare qualcuno che attiri la tua attenzione, oppure quando cammini per strada stai a testa bassa nella speranza di non incrociare nessuno sguardo interessante e costruisci intorno a te, man mano, una piccola prigione in cui sentirti al sicuro per il semplice fatto che è priva di stimoli, visto che ogni stimolo che non sia il tuo partner e che ti generi delle sensazioni piacevoli ti manda nel panico. Solo che, sai cosa succede quando si vive in una gabbia? Prima o poi ti viene voglia di evadere. Ed è davvero un peccato, visto che nella gabbia ti ci sei messo/a da solo/a proprio per paura di trovare chissà che cosa fuori.
  3. Confrontare la propria relazione con quella di amici, parenti, film e telefilm o con altre relazioni passate o con le opinioni degli altri: un altro modo per tentare di mettere fine ai dubbi continui su ciò che si prova e sull’autenticità di ciò che si prova, sono i continui confronti. “La coppia di Alfredo e Marianna sembra meno innamorata di noi, però Marco e Giovanna sono più belli e più stabili. Oddio ma io dall’esterno sembro più come Diana o come Vanessa? E perché in quel film dicono di provare quelle cose e io non le provo?”. Confronti su confronti che se anche per un attimo sembrano tranquillizzarti, poi ecco che arriva un dettaglio, una parola o uno sguardo che ti rimette in crisi e riparte il loop, e l’ansia, e l’angoscia.
  4. Aggrapparsi con le unghie e con i denti a momenti della propria storia in cui si è miracolosamente sentito l’amore esattamente come si pensa di doverlo sentire sempre: “dai ma quella volta però mi sono sentito/a così e colà”, “quel giorno ero così felice, se ero così felice vuol dire che sono innamorato/a no?” ecc, ecc, ecc…
  5. Lasciarsi spesso e volentieri: un’altra soluzione che alcuni adottano per testare i propri sentimenti è quella di lasciarsi più o meno una volta alla settimana. Si arriva così tanto al punto di essere soffocati dai propri pensieri ossessivi, che pur di sentire un po’ di sollievo mentale, si decide sistematicamente di lasciare il partner, per poi piombare in una sensazione di mancanza totalizzante, arrivare al punto di sentire bello nitido il dolore e quindi dirsi “ohhh… lo vedi che lo amo? Ah, adesso posso tornarci insieme!”. Si vive in questo stato di estasi sentimentale per un giorno, un’ora o una settimana e poi, SBAM; eccolo di nuovo lo stimolo X che fa tornare i dubbi e il circolo ossessivo riparte.

Si può uscire da tutto questo? Certamente si. Con le giuste strategie.

Eccone 3:

  1. La prima mossa da fare in avanti è capire che tutti questi dubbi non sono il sintomo di poco amore, ma di uno stile di pensiero ossessivo. Ora lo so che ti sentirai un attimo di sollievo ma che subito dopo ti dirai “eh, ma come faccio a sapere che è davvero il mio caso? Magari SEMBRA il mio caso, ma non lo è!”. Ecco, questo pensiero, è solo un’altra manifestazione del disturbo. Quindi, vai avanti a leggere 😉
  2. Smettere di cercare confronti con gli altri: interrompere i tentativi di confronto che li per li ti rassicurano ma che poi ti riportano nei loop. Quindi, niente chiacchierate kilometriche con le amiche, né letture disperate di quello che dice la gente sui forum ecc. STOP all’aiuto da casa! Ok?
  3. Evitare di evitare situazioni, persone, e cose simili per paura che ti cada l’occhio su qualcuno ecc. per iniziare a pensare che più cercherai di capire, sentire e scoprire quello che provi veramente, meno lo saprai. L’obiettivo dovrà essere uscire dal proprio cervello per tornare dentro le sensazioni e restarci anche quando esse saranno ambigue, ambivalenti e instabili. Ed imparare, a poco a poco, a rimanere tranquilli nonostante la mancanza di assoluta certezza e fermezza emotiva. Ma anzi, tollerare i movimenti della propria vita emotiva mentre si costruiscono bei momenti da “semplicemente” vivere con il proprio partner.

Infine, se la cosa è davvero disturbante per te e da solo/a non riesci a tirartene fuori ricorda che puoi richiedere un appuntamento anche via Skype cliccando qui.

Intanto puoi anche iniziare ad utilizzare un’app molto utile (purtroppo però esiste solo in inglese) che aiuta a fare un piccolo training quotidiano per rendere le proprie percezioni più flessibili rispetto all’amore e alla propria relazione. Puoi trovarla qui.

Perché Yoda andrebbe d’accordo con la mia Terapeuta e perché Luke Skywalker forse era un pò stupido. Ovvero, come si superano le pippe mentali

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Qualche tempo fa ero in una seduta con la mia terapeuta (si, ovviamente anche io a volte mi faccio dare una mano) e stavamo parlando delle mie “pippe mentali” su un certo argomento.

Ad un certo punto, in maniera abbastanza divertita, ma anche un po’ esasperata, lei allarga le braccia e mi fa: “mamma mia Robè, quanto sei paranoica… quanto lavora il tuo cervello…”.

Eh, lo so” ho risposto sempre tra il divertito e il demoralizzato.

Quando finirà?” ho aggiunto.

Quando smetterai di prendere precauzioni”.

Ora, la cosa forse potrebbe non suonarti illuminante come è stata per me, ma per farti capire meglio il discorso userò uno spezzone di uno dei film di Star Wars

Ok, seguiamo il video e quello che accade… guardalo e poi torna a leggere…

Luke avverte qualcosa di strano, “qualcosa che non va” sente “freddo e morte”.

La risposta di Yoda è subito molto chiara: “Quel posto è forte, del lato Oscuro della Forza”. E fin qui, ok, lo avevamo intuito anche noi… “Un regno malvagio esso è”. Ok, andiamo di male in peggio… ma ancora lo avevamo intuito… solo che, a questo punto Yoda aggiunge qualcosa di piuttosto sconcertante: “DENTRO DEVI ANDARE”.

Dentro devo andare???

Ma come dentro, Yoda??? Insomma, mi hai appena detto con aria solenne che si tratta di un posto in cui il lato oscuro è forte, addirittura lo hai definito un REGNO MALVAGIO, e la conseguenza che ne trai è che io ci devo andare dentro? Ma sei pazzo???

Luke pare però non avere la stessa reazione di cui sopra (si vede che aveva già passato un po’ di tempo ad addestrarsi con Yoda 😉 ). Non mette in discussione il comando del suo maestro, ma domanda semplicemente: “Che c’è lì dentro?”

Beh, anche qui… si vede che i dialoghi dei film sono fatti da gente più paziente di noi comuni mortali, perché un po’ al posto di Yoda viene da rispondere: “Ma come cosa c’è dentro? Ma sei sordo? Te l’ho appena detto Luke! Il lato Oscuro… il regno malvagio… mamma mia ma sei proprio ottuso! Ma non mi potevo scegliere un apprendista più acuto?”.

Invece Yoda è Yoda e risponde: “Solo ciò che con te porterai”.

Ecco, qui c’è la risposta a tutto.

Luke si trova davanti un luogo che sente essere freddo e di morte. Gli provoca delle sensazioni molto precise che vengono anche confermate dal suo maestro. Perché Yoda non gli dice: “Luke, ma che dici, sono paranoie le tue! Non c’è niente lì dentro! Statti tranquillo e non ci pensare! Mamma quante pippe che ti fai oh!”.

Eh no. Yoda segue la percezione di Luke. “E’ un luogo in cui il Lato oscuro è forte. Un regno Malvagio”. Come se dicesse: “si Luke, le paranoie che ti stai facendo sono reali. Quel problema esiste davvero. E’ un problema serio. E per risolverlo, caro mio, tu ci devi entrare. Una volta dentro ci troverai soltanto ciò che porterai con te”.

E Luke, sentito questo avvertimento prende la cintura con le armi e se la mette addosso… GENIO!

Ma come? Yoda ti ha appena detto che là dentro troverai SOLO quello che porterai con te e tu che fai? Ti porti le armi? Ma allora sei scemo! Eccheccavolo!

Ma Yoda, sempre più paziente di noi esseri comuni mortali, semplicemente ribatte: “Le armi, non ti serviranno”, Luke però se ne frega, si allaccia meglio la cintura (super-Genio… vabbeh, ormai abbiamo capito l’andazzo) ed entra nella caverna armato.

Insomma, senza tirarla per le lunghe visto che dobbiamo anche arrivare a una morale, una volta dentro incontra il fantasma di Dart Fener, che sguaina la sua spada e che si avventa su di lui. Combattono, gli taglia la testa e nell’elmo c’è lui stesso.

Non vado oltre nell’analizzare quest’ultima scena, perché non voglio fare spoiler a chi non avesse già visto il film (se non lo avete fatto, fatelo), ma la domanda sulla quale mi voglio concentrare è:

perché Yoda aveva detto a Luke che le armi non gli sarebbero servite se invece poi, una volta dentro la caverna, incontra Dart Fener con la spada che lo attacca?

Come avrebbe dovuto difendersi senza armi? Che voleva dire Yoda in realtà? Ha sbagliato? Lo ha preso in giro? Non sapeva cosa ci fosse veramente lì dentro?

Eh, la risposta è tutta nella frase: “Solo ciò che con te porterai”

Solo ciò che porterai…

Luke entra nella caverna con in testa un fantasma, e quindi ve lo ritrova.

Luke entra nella caverna con la paura che qualcuno possa fargli del male e attaccarlo, e quindi il fantasma lo attacca.

Luke entra nella caverna con le armi, e quindi combatte.

Solo ciò che porterai…

Bene, questa dinamica è esattamente quello che succede con le caverne che sanno di freddo e di morte della nostra vita, con i Regni Malvagi nei quali ci imbattiamo durante il nostro cammino.

Quello che portiamo con noi vi troveremo.

Temiamo che sul lavoro possano svalutarci e trattarci male e quindi stiamo sempre sulla difensiva? Ecco che troveremo svalutazioni e freddezza;

Siamo convinti che qualcuno abbia cattive intenzioni nei nostri confronti e quindi ci andiamo a parlare a muso duro, pronti ad azzannare alla giugulare al primo segnale di attacco? Ecco che verremo attaccati;

Abbiamo la paranoia di non essere abbastanza bravi, abbastanza belli, abbastanza intelligenti? Ecco che troveremo continue conferme del fatto che non siamo abbastanza bravi, abbastanza belli e abbastanza intelligenti.

Perché è così che funzionano le paranoie, ed è quello che voleva dirmi la mia terapeuta nella nostra ultima seduta: se vivi prendendo mille precauzioni a causa delle cose che hai paura di trovare nella caverna, la tua caverna sarà popolata dai tuoi fantasmi.

E, ancora peggio, se vivi EVITANDO la caverna, il lato oscuro al suo interno diventerà sempre più forte e alla fine dominerà la tua vita.

Cosa fare dunque davanti alle caverne della nostra vita?

Come gestirle e affrontarle?

Ecco qualche suggerimento pratico:

  1. Se hai una paranoia (e per paranoia intendo quella sensazione strana che ci sia qualcosa che non va, che non quadra ma che hai paura di guardare) entraci dentro. Difronte a certe grandi “pippe mentali” (uso i termini tecnici), un bel bagno di realtà è molto più utile di nottate trascorse a farsi domande alle quali non c’è risposta.
  2. Ricorda che vi troverai “solo ciò che porterai”. Quindi, se stai affrontando regni particolarmente malvagi, prova a domandarti cosa stai portando tu: paure? Rabbia? Parti subito all’attacco in certi contesti? Sei molto sulla difensiva? Stai prendendo delle precauzioni rispetto a qualcosa che ti fa paura?
  3. Agisci. L’azione scioglie molti dubbi che la mente da sola non riesce a sciogliere. Ed entrando ricorda che “le armi, non ti serviranno”.

E se hai bisogno di una mano per entrare o affrontare meglio qualche caverna della tua vita, ricorda che puoi sempre chiedere una Consulenza anche a distanza cliccando qui.