Year2014

Attacchi di panico: 4 cose che li alimentano

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MA DA COSA DIPENDONO I TUOI ATTACCHI DI PANICO?

Sto camminando tranquillamente per la via che faccio ogni giorno, sono tranquillo, non ho nessun pensiero particolare, finché (Oh mio dio) succede qualcosa dentro di me!

Il battito cardiaco accelera, il respiro si affanna, qualcosa dentro di me inizia a cambiare, un formicolio sinistro. Cerco di calmarmi, ma appena mi guardo intorno per capire cosa fare ecco che tutto mi sembra stranissimo, come se non fosse reale, come se non fosse il mondo in cui stavo tranquillamente passeggiando fino a un minuto prima.

Ho paura. Una paura immensa di morire, di impazzire, di perdere il controllo prende il sopravvento.

Cerco di mantenere il controllo, ma… niente da fare, sempre peggio! Una specie di terribile ondata di malessere universale mi stravolge. Non ho più il controllo, potrebbe accadermi di tutto. Non so cosa stia succedendo. Non capisco più nulla… sono in balia completa di questo enorme, orribile, stravolgente, nero, pauroso attacco di panico.

Eccoci qui, nella mente di chi soffre di attacchi di panico.

Un attacco di panico ti sconvolge, ti cambia, crea una linea di demarcazione tra ciò che eri prima e ciò che sei dopo.

Perché dopo… dopo non sarà più possibile uscire come se niente fosse…

“E se riaccadesse?”, inizi a chiederti.

“E se accadesse proprio quando non dovrebbe, proprio quando non c’è nessuno ad aiutarmi?”;

“E se accadesse mentre guido?”

“E se accadesse mentre devo fare quella cosa importante?”

“E se riaccadesse e basta???”.

Questi i pensieri che si affollano nella mente.

E queste sono le soluzioni per correre ai ripari:

  1. Evitare le situazioni che spaventano: meglio non andare più in quel cinema, in quel supermercato, su quella strada, in quel posto… meglio evitare. Meglio stare a casa… Ma più evito una cosa, più la rendo paurosa, e più la rendo paurosa, più la evito chiudendomi in un circolo vizioso dove la mia soluzione non fa che peggiorare la mia situazione.
  2. Chiedere aiuto: se proprio devo farlo, meglio farmi accompagnare. E se mi accadesse qualcosa? E se mi venisse di nuovo l’attacco di panico? Come farei? Come potrei mai sopravvivere? Ho bisogno di qualcuno. Ma più mi aiutano, più dentro di me mi convinco di non potercela fare in autonomia, e più mi convinco di questo, più affrontare le cose diventa difficile, e più diventa difficile, più chiedo aiuto, innescando un loop in cui l’aiuto che ricevo, invece di aiutarmi, mi rende ancora più incapace.
  3. Controllare continuamente i propri sintomi: per evitare che si manifesti di nuovo l’attacco, sto sempre lì a controllare che tutto sia a posto, il cuore, il respiro… ma più controllo reazioni che dovrebbero spontanee, più le altero, e più le altero, più mi spavento, e più mi spavento, più mi auto-genero un altro bell’attacco di panico.
  4. Prendo precauzioni: xanax o tavor da portare dietro e prendere all’occorrenza, oppure una mappa precisa di tutti i prontosoccorso limitrofi ai luoghi che frequento, perché… non si sa mai. Ma più tento di rassicurarmi con queste precauzioni, più in realtà mi convinco che accadrà qualcosa (altrimenti non avrei bisogno di rassicurarmi), e più mi convinco che accadrà qualcosa, più starò in allerta, ma più starò in allerta, più il mio cuore accelererà e il mio respiro cambierà, e più il mio cuore accelererà più io mi spaventerò e più mi spaventerò più…. indovina un po’… mi farò venire l’attacco di panico.

Il punto è proprio questo, non è che siamo stupidi, nessuno vuole avere gli attacchi di panico, solo che a volte, per cercare di tenere sotto controllo la situazione, adottiamo delle soluzioni che invece di risolvere il problema, lo fanno peggiorare!

La terapia strategica aiuta proprio in questo. Grazie ad un protocollo ad hoc creato per la risoluzione completa degli attacchi di panico senza dover ricorrere ai farmaci, permette al paziente di eliminare tutte le soluzioni disfunzionali e insegna, al loro posto, le strategie adatte non per gestire o “convivere” con gli attacchi di panico, ma per debellarli, completamente e per sempre.

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Dipendenza affettiva: cos’è?

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Quante volte mi sono sentita dire: “Sa dottoressa, io ho un problema, ho scoperto di soffrire di dipendenza affettiva”. Ma che cos’è questa “dipendenza affettiva”? E come se ne esce? E’ una malattia incurabile? E’ solo un’etichetta creata per giustificare certi comportamenti? E’ un modo di essere che fa parte del carattere e che non può essere risolto? Cerchiamo di capire meglio. Prima di tutto, quali i sono i segnali che di solito descrivono una persona che “soffre” di dipendenza affettiva:

  • Paura di essere inadeguati a meritare o mantenere un importante legame affettivo.

  • Senso generale di disistima in se stessi e particolarmente per ciò che riguarda la propria amabilità umana e/o intelligenza o attrattiva sentimentale e sessuale.

  • Idealizzazione della persona amata la cui sola vicinanza è in grado di fornire benessere al dipendente innamorato.

  • Elargizione d’amore a senso unico, fino al limite del collasso psicofisico da stress.

  • Sottomissione caratteriale e tolleranza verso gli aspetti “negativi” della persona amata.

  • Dolore angoscioso o depressivo ad ogni separazione o possibile abbandono.

  • Tendenza ad assumersi le colpe nelle crisi di rapporto.

  • Ansia e attacchi di panico relativi a dubbi, conflitti o crisi inerenti il rapporto di dipendenza.

  • Bisogno di controllare la persona amata in ogni suo momento e in ogni suo movimento, così come anche in ogni suo pensiero.

  • Gelosia morbosa, ossessiva.

  • Riduzione progressiva dei contatti affettivi e sociali a favore del rapporto di dipendenza.

  • Rabbia e disperazione all’idea che il partner possa “godersi la vita” senza l’innamorato.

  • Compulsione a seguire e talvolta minacciare e perseguitare la persona amata che sfugge al controllo sentimentale.

Ora, se stai leggendo questo articolo, probabilmente il titolo ha attirato il tuo interesse, e leggendo questo elenco adesso nella tua testa dirai: “Oh, cavolo! Allora SOFFRO DI DIPENDENZA AFFETTIVA! OH MIO DIO E ADESSO????” No panic. La situazione può essere meno allarmante di quanto credi, perché capire dove ti trovi in questo momento, non significa doverci rimanere a vita! Anzi, è il primo passo per poter prendere una bussola, decidere dove andare, e organizzare il viaggio. Come farlo? Ne parleremo nel prossimo articolo.